CAPITOLO 1: Gummy




Gummy sa come ti senti. Che hai un misto di idee e sensazioni non molto chiare. Sa che ogni tanto ti emerge l'ansia per un pensiero o una domanda indesiderata. Cos'è che manca nella tua vita?

L'amore, il successo, la sicurezza, i soldi la bellezza o semplicemente il tempo?

Forse non sai cosa desideri e allora sei frenetico e vuoi fare tutto, piacere a tutti sapere tutto. Oppure dormi. Non stop oltre il dovuto.

Sempre più colpevole, sempre più isolato. E ti arrabbi perché non sai cosa desideri. Neppure cosa ti fa bene e cosa ti fa male.

Non sai nemmeno se la tua vita è bella o brutta.

Le uniche spie che qualcosa non và, a parte la rabbia che ti fa litigare con tutti, sono quelle maledette allergie che ogni tanto compaiono, o quel mal di schiena che non ti fa dormire la notte o quell'attrazione fatale per il cibo o per il bere o quelle manie che ti fanno perdere un sacco di tempo a lavarti le mani in continuazione, a controllare tutto: che sia chiuso il gas, la porta, o quante e-mails sono arrivate o messaggi sulla segreteria telefonica.

E intanto tutti e tutto ti succhiano le energie e ti confondono. Con tutte le immagini e i modelle che ti propongono.

Ti senti inadeguato? Un esemplare raro?

Anche Gummy lo è. Lui è un Panda a un passo dall'estinzione. Nel suo D.N.A. ha tutte le esperienze che lo hanno portato al punto di non sapere più se vivere o morire. Si sente come un prigioniero in uno strano zoo dove tutti lo additano come un caso.

Sta perdendo anche il pelo a furia di strapparselo nervosamente e se và avanti così perderà anche il lavoro che è l'unica cosa che gli dà uno straccio d'identità e di dignità. E' pieno di manie e il suo boss ha cominciato ad accorgersi che il suo rendimento è limitato perché sta sempre in bagno a lavarsi le zampe e a tagliuzzarsi le doppie punte del pelo. A volte non ce la fa a smettere e si fa delle chiazze irregolari soprattutto sul muso come se avesse la scabbia. E' duro tornare tra i suoi colleghi in quello stato, dopo inspiegabili assenze.

Tra poco non ce la farà più neanche con la sua notevole intelligenza a mimetizzare le sue manchevolezze.

E allora la sua fragilità, le sue occhiaie tristi appariranno in tutta la loro evidenza. Come farà senza quel bel pelo folto che gli impediva di sentire i pugni della vita? Forse gli impediva anche di sentire le carezze?

Il dubbio che lo logora è quello di rimanere senza pelo come quel calvo slavato del Levriero, che non combina niente nello zoo e fa pena un po' a tutti.

E lui cosa avrebbe fatto una volta arrivato alla pelle?

Sarebbe morto o sarebbe rinato? Non lo sa. Si sente in pericolo. E per non pensarci si ingozza di fieno anziché della tenera erbetta, come quando era pieno di sogni per il futuro.

Deve riconoscere che ha un sacco di problemi. Si sente scollato dalla realtà.

Quando lavora si sente incastrato in attività che non lo interessano. Vorrebbe sognare. Quando il tempo libero gli si spiana davanti senza impegni né desideri gli viene l'ansia e magari prende la macchina e si sposta senza motivo. A volte gioca ai cavalli e fa shopping. Giusto per riempire il tempo e cambiare umore, sconsideratamente. Si riempie di cose inutili e poi gli viene il senso di colpa per tutto quello che ha speso. La sua compagna Lovie, una bella Lucertola blu, non manca di farglielo notare abbondantemente e questo lo innervosisce: perché non s'inventa altre cose interessanti da dire? Il problema è che lui litiga con tutti. Con la cicala, la giornalaia dell'angolo, perché il conto è troppo caro o col Tasso, guardiano del suo condominio, perché ha lasciato passare la Jena sempre in giro a ripulire le cucce con violenza, di tutti i loro beni: ossa, verdure, foto e risparmi. Il fatto che se ne vada ridendo gli stira ulteriormente i nervi. E il fatto che il Tasso, malgrado Gummy l'avesse prevenuto, non abbia protetto la sua cuccia, si sia lasciato incantare da quelle quattro risate della Jena, è diventato un pensiero fisso. Anche Lovie non ne può più, di questa ossessione di Gummy, anche perché lui non fa che mettere gli accenti sul fatto che ha sempre ragione. Lui ha sempre ragione.

Ma non ne può più di urlare con tutti. E' un sintomo di debolezza perché i tipi che sanno quello che vogliono ottengono tutto, senza ululare, e in più il rispetto.

Lui invece passa da un'umiliante ossessione all'altra.

Non vuole abbandonare la battaglia contro la morte, vuole vivere e quindi dovrà cambiare, dovrà uscire dal guscio, dal pelo e dal proprio passato.

Il guscio non lo protegge più. E' diventato una gabbia che gli impedisce di essere sé stesso.

Ma chi è lui?

Anche se volesse raccontarsi tutta la verità non saprebbe come definirsi, con tutti i modelli, le immagini che gli propinano tutti i giorni i media , i parenti, gli amici e gli animali che non dicono la verità. Gli animali che non dicono la verità, che approfittano di ogni sua debolezza per usarlo per i loro scopi o solo per riempire il tempo

Lui non sa più chi è.

Come spiegare la sua multipersonalità ad animali che pensano solo a loro stessi e all'utilitarismo.

E' un bel problema la multipersonalità, da una parte lo aiuta a reggere qualsiasi situazione, dall'altra l'ha allontanato dal suo vero sè, forse dai suoi istinti. Su quelli è come se si fosse calata la censura ad opera di tutti quelli che lo vogliono omologato e prevedibile. Lui ha cercato di esserlo in tutti i modi, e invece lui è un po' bizzarro.

Pensa e ripensa in continuazione. Al senso della vita, a come bisogna vivere tra le molte opzioni che uno ha. E intanto fà cose ripetitive e inutili se non dannose tipo bere e farsi manipolare dalle sue manie. Forse fa tutto questo perché non ha molti simili con cui dialogare.

Nello zoo i serpenti e gli animali feroci fanno vita a parte e si danno arie. Con le Scimmie e le Zebre è impossibile parlare di problemi profondi abbruttite come sono dai pettegolezzi, dal calcio e dalla Formula Uno.

Perché sente così intensamente la colpa di essere strano?

Lui vorrebbe essere come tutti gli altri. Vorrebbe piacere a tutti.

Ma col fatto di piacere a tutti non si dispiace poi a sé stessi?

E la faccenda del dovere?

Fino a dove arriva prima di tramutarsi in paralisi dei sentimenti al sicuro da ogni dipendenza se non quella della ripetitività?