CAPITOLO 10: LOVIE

Lovie, in tutto questo non stava di certo meglio! In fondo Gummy lo sapeva perché nella purezza delle sue notti, l'inconscio gli parlava di Lovie e sempre dolcemente. Forse era sapere che Lovie sentiva la sua mancanza che gli dava la forza di migliorarsi.

Allo stagno dicevano che Lovie era molto dimagrita e il blu delle squame aveva perso luce. Secondo l'Alce era bulimia. Gummy ricordava invece che quando stavano insieme lei diceva di sentirsi protetta, di sentirsi appartenente alla realtà. Forse erano tutti i problemi che lui aveva che non facevano sentire a Lovie la sofferenza che sentiva fin da piccola: quella della perenne ricerca dell'amore assoluto.

Rènè giocava di rimozioni e Gummy lo sapeva e sapeva anche che Lovie l'avrebbe scoperto perché cercava l'affidabile, l'onnipotente, il controllabile: tutto. Anche Gummy voleva tutto. In questo, anche se così diversi per via del pelo e della squame, erano uguali. Forse perché dividevano lo stesso desiderio di fondersi uno nell'altro insieme a quello di non sentirsi imprigionati e confusi.

Per via del suo modo di esistere Lovie anche con Rènè aveva sviluppato una simbiosi, ma mentre Gummy le dava spazio perché aveva i suoi problemi, con Rènè Lovie sentiva la tumultuosa oscillazione tra il fascino seduttivo della fusione con lui e il terrore di essere confusa con qualcosa solo superficialmente uguale a lei.

E così mangiava e vomitava Quindi non per nutrirsi, ma soltanto per avere quel piacere che lui gli negava. Della sicurezza.

Forse perché con lui non si sentiva individuata come lucertola ipersensibile al limite dell'immaterialità. E Rènè d'altro canto sentiva che se lei non aveva bisogno di niente, nemmeno di nutrirsi, a un certo punto avrebbe fatto a meno anche di lui. Si sentiva un ripiego, un accessorio. E come risposta tesseva come un pazzo. Ormai la mobilità di Lovie era ridottissima per vie delle ragnatele sempre più fitte intorno a lei, e l'insicurezza alle stelle.

Rènè trattava tutte le presenze della sua vita allo stesso modo, non permetteva loro di essere sé stesse, ma soltanto delle prede. Lovie, malata di controllo, sentiva vagamente che Rènè non poteva rappresentare una difesa contro la solitudine e istintivamente aveva anticipato l'attacco che Rènè avrebbe sferrato prima o poi.

Arrampicandosi più in alto del solito alla ricerca del suo sé perduto, Lovie aveva inavvertitamente agitato l'intonaco che, crollando rovinoso, aveva sfondato tutte le tele di Rènè. Lui aveva reagito in modo violento ed era partito per l'Amazzonia, affamato dell'affetto dei suoi cari parenti insetti riuniti per le feste di mezza estate.

A Lovie era rimasta la libertà di essere sé stessa insieme alla paura di essere libera, man mano che il trascorrere dei giorni l'allontanava dalla calda realtà. Cos'era la vita se non la ricerca dell'altro?

E intanto la malattia con stress incluso si era intensificata. Ormai l'abbuffata era l'unico passatempo che le facesse raggiungere uno stato di sazietà e non avendo più le carezze di Renè e le affinità elettive di Gummy, cambiare umore e visitare il suo piccolo inferno personale la stimolava più di ogni altra cosa. Purtroppo dimagriva a vista d'occhio. Ormai tutto lo stagno se ne era accorto e le voci erano giunte sino a Gummy.

Gummy sapeva che molte facce del suo essere disincarnato e privo di desideri aderivano al corpicino tutto squame della bella Lovie, tutti e due forti e fragili insieme.

In fondo le sue complicazioni psichiche e perfino il coraggio del suo tradimento gliel'avevano resa più familiare, meno ideale.

Forse proprio gli schiaffi di Lovie lo stavano salvando.

Per il momento doveva prendere tempo, cambiare, cercare e aspettare la vita, senza speranza e senza paura.